Cos’hanno in comune gli ecosistemi biologici e la formazione aziendale?
L’approccio ecosistemico, da tempo utilizzato da varie discipline (ad es. innovazione, urbanistica, sociologia), finalmente contagia anche il campo dello sviluppo organizzativo portando con sé l’idea che l’apprendimento all’interno delle organizzazioni avviene in una rete complessa, costituita da persone e cose, che interagiscono dinamicamente tra loro a diversi livelli creando valore per tutti gli attori dell’ecosistema.
Con questo sguardo, la formazione non è più un evento isolato, ma un flusso di apprendimento, interazioni, opportunità, scambi multilaterali. L’approccio ecosistemico cambia anche il modo di intendere la missione della formazione: sviluppare una cultura innovativa e una forma mentis flessibile orientata all’apprendimento continuo entro cui le persone e l’intera organizzazione «imparino a imparare imparando».
Non ci bastavano i vecchi modelli e paradigmi?
Le nuove infrastrutture tecnologiche hanno dato una spinta verso la disintermediazione interna, comprimendo i tempi di attraversamento organizzativo, rimuovendo i livelli gerarchici e aumentando la flessibilità. È nato quindi il bisogno di un’intelligenza collettiva, che possa promuovere la connessione, la mobilitazione, l’aggregazione e il confronto produttivo.
Diviene sempre più chiaro che per cogliere davvero le opportunità della rivoluzione digitale bisogna puntare su nuovi modelli organizzativi supportati da nuove culture organizzative. Nei modelli emergenti di organizzazione, è importante valorizzare il pluralismo, le diversità di opinione e il mutuo aggiustamento fra gli attori interni ed esterni all’organizzazione. L’approccio eco-sistemico invita per la prima volta a superare la visione frammentata della formazione ed abbracciare la complessità emergente, per mettere in relazione dinamica le infrastrutture, gli strumenti, gli spazi, le persone con le loro competenze. Di fatto, l’ecosistema della formazione viene inteso come vivo e in continua evoluzione.
Quali sono gli elementi essenziali di un ecosistema della formazione?
Nel libro di Raoul C.D. Nacamulli e Alessandra Lazazzara “L’ecosistema della formazione”, al quale ho avuto l’onore di contribuire, viene affrontata un’analisi dell’ecosistema della formazione. Le tre componenti individuate sono le “P mix”: People, Power e Place. E’ fondamentale che ciascuna componente dell’ecosistema risulti stimolata, accelerata oppure anche moderata dalle altre due, per costruire una società di conoscenza e dell’apprendimento capace di cogliere ed affrontare con successo le sfide dell’era digitale.
Le tre P per la progettazione dell’ecosistema della formazione
People
Questa componente descrive la pluralità di attori coinvolti nel processo formativo. Questa P comporta i processi di cross-fertilization fra categorie di partecipanti con storie, competenze e identità differenti che devono riconoscere la propria complementarietà per essere in grado di apprendere gli uni dagli altri.
Power
Questa componente descrive le risorse e le energie delle persone che operano nell’ecosistema, le quali la formazione è chiamata ad attivare e mobilitare. Ad oggi sono tante le metodologie, tra radicate ed emergenti, che puntano a dare più potere creativo/realizzativo alle persone (ad es. design thinking, coaching, mindfulness…).
Place
Questa componente descrive un “palinsesto di spazi” nel quale si svolge la formazione aperta e continua, mettendo in risalto l’attitudine a vivere in maniera integrata e sinergica l’ambiente fisico e quello virtuale, portandoci sempre di più verso un futuro “phygital”.
Cosa vuol dire assumere uno sguardo eco-sistemico nella vostra professione?
Questo cambio paradigmatico ci costringe a pensare alla formazione in termini di complessità, scalabilità, apertura, non-linearità e non prevedibilità. Di conseguenza:
- dobbiamo ristrutturare la nostra relazione con i learner in ottica “consulente-cliente”, ispirata all’idea dell’empowerment e della centralità del learner.
- Non possiamo pretendere di avere un set di istruzioni per risolvere i problemi di oggi: è necessario insegnare il pensiero critico e adattivo, che vanno a supportare la resilienza e la reattività di interi sistemi.
- Dobbiamo prepararci a entrare in contatto con una varietà di mondi organizzativi differenti, promuovendo l’inclusività e creando linguaggi e obiettivi comuni.
- È utile stare in uno spazio “in-between”, dentro e fuori l’organizzazione, per catturare segnali importanti per la mobilitazione.
- Siamo costretti a superare le obsolete contrapposizioni uomo/macchina, azienda/dipendente, insegnante/alunno, per elaborare un nuovo modo di pensare, integrativo e complementare.
- Dobbiamo sfruttare l’ibridizzazione degli spazi fisici e virtuali e la perenne connessione in rete (always-on) per aprire nuovi scenari e processi di apprendimento attivi e partecipativi.
Quando gli ecosistemi si confrontano con impulsi esterni, reagiscono modificando parte della loro organizzazione e trasformando le componenti biotiche, oppure subendo cambiamenti strutturali che portano ai nuovi ecosistemi che prendono il posto di quelli modificati.
Questi modelli di alterazioni degli ecosistemi ci ricordano che la formazione da sola può non essere sufficiente, e a volte risulta quasi inutile (ad es. quando c’è il bisogno di una trasformazione infrastrutturale oppure organizzativa). Il futuro della formazione, quindi, è inevitabilmente integrato nello sviluppo organizzativo e nella trasformazione tecnologica.
written by:
Iryna Prus, isapiens Client Success Manager
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